Anime perse

Passò solo qualche istante e improvvisamente Black reagì. Senza che io me lo aspettassi minimamente scatto in piedi e si rimise in spalla lo zaino, Red sembrava aver previsto la situazione ed era già in piedi scodinzolante che guardava fisso negli occhi il suo compagno con la bocca aperta e la lingua a penzoloni. Faceva terribilmente caldo e stava iniziando a salire l’umidità della mattina, l’aria di mare arrivava dalla costa e portava una leggera fragranza di salsedine in mezzo ai mille cunicoli che componevano quell’antico maglio di strade conosciuto come La Barceloneta.

Su in piedi amico mio! A pochi minuti da qua si trova il Parc de la Ciutadella ed è lì che siamo diretti, vero Red?” – Il cane rispose con un abbaio di assenso e si voltò già verso la strada che avrebbero dovuto percorrere, era così intelligente che pareva ragionare come una persona. Io ero ancora molto frastornato e questo cambio di programma imposto da Black mi aveva colto di sorpresa. Mi alzai a fatica dalla clair dove ormai ero spiaggiato da diverse ore. Non sentivo più il culo e avevo la schiena ricoperta di ragnatele. Si iniziava a intravedere un leggero bagliore di fuoco all’orizzonte.

Presto dobbiamo tornare al Algas Castillo prima che sia giorno o il Gran Llama questa volta ci sbatterà fuori a calci in culo!Il ragazzo e il cane iniziarono a correre in fretta e furia e io sbandando qua e là cercai di inseguirli senza però avere la benché minima idea di cosa stesse parlando quello strano ragazzo lunatico. Avevo dolori da tutte le parti e la testa mi girava ancora per le botte e l’alcol. I marciapiedi, i lampioni, i cestini, la strada accanto erano unite in un unico amalgamo sfocato e l’unico obbiettivo, dritto davanti a me, era lo zaino di Black che saltava su e giù a diversi metri di distanza, in un movimento quasi ipnotico.

A un certo punto entrammo dentro il parco e iniziammo a correre in mezzo al prato umido e scivoloso. Si sentì subito il cambio di clima dovuto dalla rugiada mattutina dell’erba fresca. Avrò pestato almeno tre merde di cane in quel tratto ma nulla mi importava, volevo solo trovare un rifugio dove potermi appisolare e riconciliare con me stesso. Tutto ciò che avevo vissuto sembrava essere stato un lungo sogno, i particolari più importanti erano fissi nella mia mente ma gli scenari erano variabili e non sempre definiti. Non ricordo le vie, i palazzi, il nome del locale dalla quale ero stato cacciato fuori malamente, rischiando anche qualcosa di più di un semplice calcio nel sedere. “Quella voce che ha invaso la mia testa durante i sogni, non può essere frutto del mio subconscio, c’è qualcosa di diverso.” – Pensavo in quei pochi momenti in cui riuscivo a sentire la voce nella mia testa non sovrastata dai sempre più insistenti battiti del cuore. La corsa non accennava a finire e non riuscivo a capire dove fossimo diretti. Iniziai ad arrancare su me stesso.

Non so esattamente come spiegarmelo… ho sempre pensato che tutte le voci e i soggetti presenti nei nostri sogni non siano altro che un nostro prodotto, soggetto alla nostra volontà inconscia, che in un modo o nell’altro sentiamo comunque appartenerci. Ma questa voce è totalmente estranea, non posso prevederne le parole e non posso metterla a tacere quando diventa troppo assillante. Non riesco nemmeno a svegliarmi senza che un forte trauma mi colpisca in qualche modo!

Nel frattempo eravamo arrivati di fronte a un grande e vecchio edificio situato ai confini del parco. C’era un grosso portone in stile antico, mi ricordava l’ingresso dei cortili Milanesi lungo il Naviglio Grande. I balconi a ringhiera circondavano l’intero perimetro quadrato e si estendevano per ben 4 piani. In ogni piano erano presenti diverse porte di appartamenti abitati. Black aveva aperto il cancello in fretta e furia rimanendo comunque il più furtivo possibile per non svegliare nessuno prima del previsto. Red lo aveva seguito scattante e appena entrato si dileguò nell’ombra quasi come se sapesse che non doveva fare assolutamente rumore.

Il cielo si stava andando a schiarire velocemente e mi permise di iniziare a intravedere qualcosa, giusto per non inciampare in mezzo ai mille ostacoli del percorso che si presentava davanti a me. Non c’era neanche una luce accesa nel cortile, ma nonostante questo non sembrava affatto un luogo abbandonato. Mi imbattei in una miriade di giochi e oggetti sparsi qua e là lungo le scale. Rischiai di cadere più volte. Tutte le case sembravano decisamente vissute e molte famiglie lasciavano fuori liberamente oggetti di ogni tipo da biciclette a scarpe, passando per tricicli e palloni di ogni genere, panni appesi alle ringhiere su stendini sparsi qua e là lungo i piani. L’insieme di tutte queste cose andava a dipingere un quadro variopinto che in quel momento per me rappresentava l’essenza della vita, della convivenza, del sentirsi tutt’uno con gli altri.

Era una sensazione strana che mi faceva sentire a casa in qualche modo, eppure non avevo nemmeno un’immagine chiara e definita del posto dove fossi finito ma solo molti fotogrammi confusi. Posso solo dire che l’insieme degli oggetti, nelle loro rispettive posizioni, creava qualcosa di magico che rilassava la mia anima tormentata. Black si era fermato a metà tra la prima e la seconda rampa di scale e mi stava aspettando lì. A bassissima voce simulo un urlo per chiamarmi: “Pss ehi tipo strano vieni qua muoviti. Se ci vedono è la fi…

Ma buongiorno! Guarda un po’ chi abbiamo qui! Black, hai deciso di svegliarti all’alba per cercare di dare un senso alla tua giornata oggi? O stai semplicemente tornando dall’ennesima notte insonne passata a vagabondare per la città?

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