Le due bestie marciarono fiere fino alla porta esponendomi al linciaggio da parte del pubblico con ogni sorta di rifiuto raccattato sui tavoli. Arrivati all’uscita, uno dei due, prima mi sollevò di forza dai vestiti e poi iniziò a dondolarmi fuori dalla porta del locale prendendo sempre più rincorsa, fino ad arrivare a lanciarmi fuori facendomi volare mentre l’altro, con un movimento sincronizzato perfetto, così preciso da farmi pensare a un rituale predefinito e testato più volte, mi colpì al volo con un calcione nel didietro provocando un esplosione di euforia negli spalti, euforia che poi si spense in pochi minuti, come un lampo di luce tra le ebbre nebbie della notte.
Pensai: “Tutti staranno sparlando e sbeffeggiando il siparietto alla quale hanno assistito poco fa con urla e grasse risate. Che vergogna, vorrei solo sotterrarmi per l’immane figuraccia fatta anche se mi sembra assurda ed eccessiva la reazione provocata da questo ingenuo sonnellino arrivato, non so come, nel bel mezzo della serata”. Ma da fuori iniziai a sentire pian piano il volume delle loro voci tornare al consueto tono “alticcio” assunto in precedenza e allora mi rasserenai.
Avevo i palmi delle mani graffiati e sanguinanti ma l’alcol e l’adrenalina che avevo ancora in corpo mi consentivano di non sentire alcun dolore. “Tutto sommato poteva andarmi molto peggio!” – pensai tra me e me – “spesso quando si viene cacciati in questa maniera da locali del genere si finisce con un occhio nero, o peggio, con una coltellata nella schiena.” – Non sapevo esattamente dove mi trovassi e il perché fossi finito in quel luogo malfamato; tanto meno sapevo quale direzione avrei dovuto seguire per tornare in un punto che potesse almeno risultarmi familiare.
Quella zona della città era lastricata di viette e cunicoli a non finire, come in un labirinto dove però sarebbe bastato imboccare la via sbagliata per fare una brutta fine. Vagai barcollando imperterrito per ore e ore senza raggiungere nessuna meta, senza incontrare nessun viandante; molto probabilmente stavo ripercorrendo sempre gli stessi luoghi, compiendo un contorto giro che finiva per riportarmi sempre al punto di partenza. Alla fine mi mancarono le energie e mi buttai per terra appoggiando la schiena alla clair di un locale chiuso, molto probabilmente abbandonato a giudicare dalla ruggine e dalle ragnatele che la ricoprivano. Chiusi gli occhi e in un attimo piombai in un sonno profondo. Poco dopo un sogno mi catturò…
Vagavo nel buio e mi basavo solo sul mio udito, parlavo ma non sentivo la mia voce; in sottofondo c’era una confusione terribile, infinite voci sovrapposte l’una all’altra che parlavano ininterrottamente coprendo tutto il resto. Alcune mi sembrava di riconoscerle, appartenevano a mia madre, a parenti, amici, altre sembravano comuni, quelle di una qualsiasi persona incrociata per strada. Tutte sembravano parlare di problemi, preoccupazioni, raccomandazioni e vari convenevoli fastidiosi ma considerabili “di rito” per una persona che vive in un paese “civile”. Mi sentivo impazzire per la troppa confusione ma a differenza di un sogno normale non riuscivo a destarmi.
All’improvviso una voce spiccò sopra le altre e riuscii a udirla forte e chiaro; era di nuovo Lui: “… sento il tuo odio crescere. Desideri zittirle tutte vero? Non le sopporti più?” – sentivo il totale controllo di me stesso a differenza del sogno precedente. Riuscivo a pensare lucidamente però se provavo a parlare la mia bocca non emetteva alcun suono. Non si sa come però, Lui riusciva a sentire i miei pensieri, le innumerevoli domande che avevo in testa e allora iniziai a pensare più forte per cercare di farmi capire: “Si vorrei, ma prima dimmi… chi sei tu? Perché sei tornato nei miei sogni di nuovo? E soprattutto: perché non ti riveli?” – Il brusio continuava incessante in sottofondo ma le sue risposte risuonavano sempre nitide in quella marea di parole inutili: “non sei ancora pronto per questo, devi ancora dimostrare tanto. Cerca nuovamente la luce che in passato ha diradato la nebbia sul tuo cammino, la voce in grado di zittire tutte quelle che hai in testa, solo così io potrò rivelarmi a te e tutto ti sarà più chiaro. “- “E dove posso trovarla? Dove troverò finalmente la pace che tanto sto cercando?”-
Improvvisamente sentii una spugna umida e fredda appoggiarsi sul mio volto, questa spugna era in grado di inspirare ed espirare aria velocemente e solo in quel momento realizzai di essere sveglio e che quella spugna non era altro che il naso di un grande cane lupo che stava lì fermo a guardarmi e annusarmi incuriosito, mentre giacevo rannicchiato in quell’angolo dimenticato di città, alle prime luci dell’alba. La nostra conversazione era stata interrotta nuovamente e ancora non ero riuscito a reperire le informazioni che desideravo, anzi ora le domande erano aumentate e non mi davano pace. “Cosa mi sta accadendo? Sono sogni o realtà? Come fa a conoscermi così bene e a rispondere alle mie domande?”.
I miei monologhi interiori furono bruscamente interrotti dall’intervento di una voce molto mogia e spenta: “Dai Red lascialo in pace… Non vedi che lo hai svegliato? Chissà di cosa si sarà fatto per ritrovarsi qui in queste condizioni” – Ricordai che effettivamente non mi guardavo allo specchio da ormai diverso tempo e non ero sicuro di come si potesse presentare il mio volto al cospetto di uno sconosciuto viandante. Quando riuscii a mettere a fuoco il suo viso mi tranquillizzai poiché si trattava di un giovane vagabondo, una persona come me insomma.
Ogni parte scoperta del suo corpo era interamente ricoperta di tatuaggi e piercing. Girava con uno zaino più grande di lui in spalla con mille scodelle e ciotole attaccate intorno. Dentro quello zaino sembrava ci fosse tutta la sua vita, la sua stessa casa forse. A far contrasto al suo aspetto visibilmente trasandato si presentava Red, un pastore tedesco ormai adulto e nel pieno delle sue forze. Il cane era l’esatto opposto del padrone, pelo lucido e ben curato, zanne bianche e una muscolatura degna di un cane da allevamento!